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La Playlist di Luca Sofri

Luca Sofri è uno di quei giornalisti che le cose le “spiega bene”, citando un claim spesso usato ne Il Post, giornale online da lui stesso fondato e che dirige. Da un paio d’anni, ogni sera invia una newsletter agli abbonati con una canzone, accompagnata da un breve racconto. Sofri è infatti da sempre un grande appassionato di musica e soprattutto di selezioni musicali, tanto che, per sua stessa ammissione, avrebbe voluto fare il deejay.

Da tempo aspettavo con entusiasmo di poterlo ascoltare, seduto, rilassato e con una birra in mano, nella prima serata della sessione invernale de Las Flaviadas in Villa Angaran San Giuseppe, ma, per una serie di sfortunate coincidenze e defezioni, poco più di 24 ore prima dell’evento mi chiedono di intervistarlo, o se non altro di fargli da spalla.

Avrei sempre voluto fare il giornalista, ma ecco, intervistare Luca Sofri, tra i migliori nel campo in Italia, mi spaventa moltissimo. Però i ragazzi di Villa Angaran San Giuseppe meritano ogni appoggio e decido di buttare il cuore oltre l’ostacolo. Trascorro le 24 ore che mancano all’evento sfogliando come uno studente preso dall’ansia prima di un esame importante Playlist, libro del 2006 in cui Sofri ha raccolto e raccontato quasi 3000 canzoni, con la paura di fare la mia più brutta figura di sempre.

Luca Sofri però, oltre a essere un grande professionista, è un cantastorie nato e, dopo qualche domanda sul suo libro, ci fa ascoltare una ventina di canzoni, splendidamente oscure e notturne, spesso malinconiche, da “I Think It’s Going To Rain Today” di Randy Newman ad “After Dark” di Paul Buchanan, leader dei Blue Nile. Da “Vanishing Act”, splendido pezzo di Lou Reed, a “Pound For Pound” dei Bad Plus, che conosco e inizio ad amare proprio in questa occasione. Dopo parecchi anni, mi riscopro ancora entusiasta nel riascoltare “Autogrill” di Guccini e realizzo di essere sempre piacevolmente sorpreso quando qualcuno fa sentire qualcosa dei National, questa sera tocca a “Fake Empire”, sicuramente tra le migliori scelte.
Ascoltare Sofri che narra i fatti raccontati da Peter Himmelman nella sua “Untitled” è a dir poco appassionante, così come lo è sentire i suoi aneddoti su concerti visti o mancati dei Genesis e dei Deacon Blue.

Siamo letteralmente rapiti dalle canzoni e dal modo in cui Sofri le racconta, io per primo, che sfiguro non ricordando un testo (a quanto pare fondamentale) di De Gregori. Non so esattamente come ci siamo arrivati, ma mi ritrovo addirittura a parlare di Cocciante, grande trauma infantile perché era (o forse è, ma non ho il coraggio di verificarlo) il cantante preferito di mia madre.

Siamo in più di sessanta, per una sera tutti allo stesso modo rapiti da appassionanti racconti musicali. Due ore splendide, che possiamo in qualche modo rivivere in questa playlist Spotify, anche se, certo, senza le narrazioni di Sofri non è affatto la stessa cosa.

Enrico

(trovi lo stesso articolo al sito di dirtylittlereview, di cui Enrico è ideatore e direttore).

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Il commento di Luca Sofri nella sua newsletter, il giorno successivo alla presentazione in Villa: