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People First in Architecture – la Villa al Farm Cultural Park

Intervento di presentazione del progetto di Villa Angaran San Giuseppe presso il Farm Cultural Park di Favara (AG), durante il South Italy Architecture Festival, all’interno dell’evento “People first in architecture” che ha selezionato 30 progetti nazionali in cui l’architettura è focalizzata sull’umanità e sulle persone.

Sono Tommaso Zorzi, laureato in ingegneria edile architettura all’Università di Padova e coinvolto da 5 anni, assieme all’architetta spagnola Virginia Antoranz, nel progetto di rigenerazione di Villa Angaran San Giuseppe a Bassano del Grappa.

La Villa è un edificio maestoso di oltre 4000 mq immersa in un parco agricolo di 4 ettari, originaria del XVI secolo ma abbandonata e dimenticata dai bassanesi. Nel 2015 i gesuiti, proprietari dell’immobile, scelgono di destinarlo gratuitamente agli ultimi, ai poveri e ai dimenticati dalla società. E lo fanno affidando tutto il complesso monumentale a tre piccole cooperative sociali bassanesi.

Le cooperative decidono allora, con grande audacia e creatività, di non assegnare l’incarico ad uno studio di professionisti, ma di integrare nel loro organico un architetto (poi diventati due…), che da un lato costruisse nel tempo il progetto architettonico, dall’altro vivesse in prima persona tutti gli aspetti del nuovo mondo inclusivo che si sarebbe lì dentro germinato, collaborando con professionalità e umanità profondamente differenti. Mi sono quindi trovato immerso in attività educative per l’infanzia e l’adolescenza, servizi assistenziali per persone con disabilità, processi di inserimento lavorativo di persone che uscivano o vivevano esperienza di fragilità e dipendenza. Ma al tempo stesso ad organizzare concerti, eventi culturali, servizi di ristorazione e ricezione turistica di qualità. E man mano che la villa si animava, si realizzava gradualmente il processo architettonico che ne andava a ridefinire gli spazi, all’insegna di due grande regole: la non esclusività e la contaminazione.

L’azione architettonica è stata molto più di distruzione che di costruzione: da un lato con la riproposizione degli ampi spazi quadrati palladiani e la rimozione dei corridoi e dei cunicoli e dall’altro con un approccio contemporaneo nella flessibilità degli ambienti, nella scelta del mobilio, dell’illuminazione e di tutto l’apparato impiantistico, estremamente tecnologico.

Oggi in Villa coesistono un centro diurno per persone con disabilità gravissima, una comunità per adolescenti in situazione difficile, una caffetteria-trattoria con prodotti genuini a km0, un liquorificio artigianale, una struttura ricettiva con 50 posti letto, un’azienda agricola e un centro di meditazione; con circa 50 persone che la vivono quotidianamente e oltre 20000 visite all’anno.

Allo stesso tempo, oggi in Villa è attivo un cantiere enorme che aumenta la complessità quotidiana; ma che è accolto, nella sua disturbante e polverosa attività, come quell’ago penetrante ma ponderato che deve forare il tessuto per crearne una trama sopraffina.

Un’ultima curiosità: per terminare le opere è stata avviata una compagna di raccolta fondi che mira a raccogliere 1 milione in 5 anni. Il nome della campagna è people first -e si chiama così da prima di questa mostra- proprio per sottolineare che le persone non devono essere solo destinatarie del nostro progetto, ma anche committenti, sostenitrici, attrici principali della sua definizione.

Grazie al Farm, a Florinda, al prof. Prestilenza Puglisi, all’aiac e a tutti voi. Essere qui, conoscervi e condividere questi progetti ci dimostra ancor di più che la cultura è un respiro tangibile, da accarezzare, che attraversa silenziosa tutto il nostro Paese.

 

Tommaso



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