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Sotto lo stesso cielo con diversi sguardi!

Essere rimessi al proprio posto dai settenni: un breve resoconto.

Durante la residenza Pigra ad agosto’22 avevamo deciso di cercare il modo di far sì che una delle opere in mostra potesse essere un lavoro collettivo e aperto a chiunque volesse partecipare, nel modo più semplice e accessibile possibile.

Abbiamo quindi cominciato a scattare e a chiedere di scattare foto del cielo, mischiando il cielo bassanese a quello romano, milanese, americano, francese, stampando le foto che ci arrivavano su pellicole Instax (grazie, Fujifilm Instax Italia!): una cosa che non richiede molto tempo o molto lavoro, e un concept che non è particolarmente originale, però ci era sembrata una strada per poter avere con noi anche alcune delle persone che non erano potute venire di persona e per invitare chi passava per Villa Angaran San Giuseppe a essere parte attiva di questa esperienza.

Inizialmente abbiamo usato alcune delle lavagne di metallo che avevamo usato in atelier per coordinare i lavori tra noi, appendendo le foto con dei magneti, ma qualche giorno dopo la fine della residenza, parlando con alcuni dei responsabili delle attività in villa, abbiamo deciso di affidare queste foto a un luogo più permanente. All’interno del parco, infatti, ci sono alcuni totem che a volte venivano usati dai bambini per arrampicarsi, un’attività sicuramente divertente ma non sempre super sicura (soprattutto nei giorni di pioggia, quando il legno diventa più scivoloso). Si è creata quindi la necessità di far sì che fosse disincentivato l’uso dei totem come palestra di arrampicata, senza doverli per forza togliere o recintare, e questo progetto aperto a tutti ci era sembrato un modo carino di ripensare uno spazio.

Dopo un paio di giorni, Edoardo Battaglia mi ha mandato un messaggio in cui mi comunicava che qualcuno aveva strappato molte delle foto che erano state appese. Abbiamo deciso di riattaccarle. Il giorno dopo le abbiamo trovate nuovamente strappate, questa volta quasi tutte.

Mi rendo conto di non avere una reazione del tutto normale agli atti vandalici, ma io questa cosa l’ho vista come la possibilità di aprire una conversazione artistica con questo vandalo misterioso: se continuiamo a rimetterle senza dire niente, chi si stanca prima? Potrebbe avere senso cominciare a scambiarsi messaggi scritti, oppure potrebbe essere più interessante continuare a riallestire lo spazio senza spiegare niente?

Nel corso della settimana, il mistero è stato svelato: alcuni bambini, uno in particolare, non avevano gradito questa incursione nel loro territorio e si ribellavano all’invasione delle foto sui loro totem. Non era facile strapparle (erano inchiodate bene e molte erano in punti difficilmente raggiungibili, per loro), ma coordinandosi e procedendo in modo metodico sono riusciti e “ripulire” ogni volta i rami e i tronchi dei totem.
A questo punto ci siamo trovati di fronte a un dilemma: sgridare i bambini? Recintare? Coinvolgere i genitori? Spostare l’installazione altrove? Oppure… oppure.

Dal loro punto di vista, condivisibilissimo, i vandali eravamo noi. I bambini hanno abitato uno spazio per mesi e dall’alto noi adulti abbiamo deciso, senza coinvolgerli, di togliere loro la possibilità di accedere. Abbiamo deciso per loro invece di decidere con loro e mi sembrava che questa potesse essere una buona possibilità di mettere in pratica alcuni dei principi di collaborazione in cui credo fermamente.

Sono convinta che i bambini, anche quelli considerati complicati da “gestire”, siano perfettamente in grado di fare delle scelte su cose che li riguardano e ho chiesto a Edoardo di diventare mio complice nel tentativo di coinvolgerli e di renderli curatori dello spazio e co-creatori di quest’opera. Stamattina mi sono palesata in villa sapendo che il principale responsabile della protesta iconoclasta sarebbe stato lì in giro, mi sono presentata e gli ho chiesto di aiutarmi. Si aspettava di essere sgridato e quando non l’ho fatto si è fatto sospettoso. Sono stata misurata al millimetro, mi è stato fatto un interrogatorio molto esaustivo e solo dopo aver risposto a tutte le domande (e avere dimostrato di avere libero accesso a un martello) l’ostilità si è trasformata in curiosità.

Abbiamo quindi ristampato assieme le foto che erano troppo rovinate, riattaccato quelle che tutto sommato erano ancora in buono stato e ho portato una macchina Instax e 6 pacchi di pellicole che ho lasciato in villa, chiedendo che nelle prossime settimane ci aiutino a riempire gli spazi vuoti. Ogni foto che vedete è stata posizionata dopo un’attenta riflessione e molti dei chiodi sono stati piantati dal mio nuovo curatore/co-autore (perché diciamoci la verità: prendere roba a martellate, per un bambino di sette anni con un sacco di energia che avanza, è un po’ il paradiso).

Potete continuare a partecipare mandando le foto dei vostri cieli a info@papermoustache.com e non sarò io a decidere dove inchiodarle, ma un comitato artistico molto competente e coinvolto. È stato deciso che verrà scritto un cartello per c

hiedere alle persone di non strappare le foto: ho fatto notare che ci servirebbe qualcuno che fosse bravo a scrivere.

B. mi ha guardata, ha evidentemente deciso che probabilmente sono una mezza calzetta e mi ha detto “lo faccio io, che so scrivere meglio di tutti”.

Il mio augurio per voi è che possiate guardare il cielo e ricevere un po’ della sicurezza che ha questo bambino di sette anni che non ha paura di niente e nessuno, che difende le cose che sono importanti per lui ma che sa anche cambiare idea, se decide che ne vale la pena, e che non è ancora stato indottrinato a fingersi modesto per compiacere gli adulti.

Sara Lando



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