25 Apr Un parco che fa la differenza: la storia di Gioele
Se c’è un ricordo, un unico ricordo positivo che mi lascerà questo tragico periodo e che porterò sempre nel cuore è l’accoglienza ricevuta da Villa Angaran San Giuseppe, che è stata la mia ancora di salvezza.
Il mio bimbo, Gioele, due anni, ha un cromosoma in più ed è ipotonico.
Ha iniziato a camminare da poco, ma ancora non si sente sicuro nel lasciare un appoggio e muoversi da solo. In tempi “normali”, frequenterebbe il nido (il fantastico nido comunale di via Rivana che tanto l’ha aiutato in termini di stimoli e relazioni), la piscina, seguirebbe un percorso di fisioterapia e psicomotricità settimanale e di logopedia.
Con l’inizio della pandemia da Coronavirus e il confinamento tra le pareti di casa, annullata tutta la sua quotidianità, da un giorno all’altro la nostra piccola mansarda, che tanto adoriamo, non avendo terrazze e giardino si è trasformata in una gabbia. Chiusi anche tutti i parchi, il lungo fiume sotto casa e le zone verdi circostanti, pur avendo per lui un permesso speciale per uscire ed aiutarlo a non perdere i progressi fatti finora, non sapevamo dove andare.
È bastata una telefonata.
Silvia da subito ci ha risposto che per noi le porte del giardino della Villa sarebbero rimaste aperte, che non avremo dovuto sentirci a disagio perché avrebbe messo il personale al corrente della nostra situazione, e che saremmo potuti andare in qualsiasi momento.
Mi è sembrato di aver vinto alla lotteria, di non aver avuto mai ricchezza più grande: sapete cosa vuol dire per il mio bimbo, in questi mesi, aver avuto a disposizione un posto come il giardino sensoriale riservato alle famiglie, un luogo appartato dagli sguardi inquisitori, un piccolo paradiso dove si sentono solo il canto degli uccelli e il fruscio delle acque del fiume, e dove a volte fanno capolino pure gli scoiattoli, un percorso “vivo” nella natura dove sentirsi libero di sperimentare il suo equilibrio giocando tra un tronco e l’altro, appoggiare i piedini su terreni di diversa consistenza, annusare i fiori, giocare con i soffioni e assaggiare ogni tanto un po’ d’erba (e, ahimè, a volte anche un po’ di terra)?
Vuol dire stimoli, miglioramento dell’attenzione e della coordinazione. Vuol dire sentirsi protetti. Vuol dire serenità e pace anche in questo triste momento.
Vuol dire, insomma, una fortuna immensa per la quale sarò sempre grata.
Elena Ferrarese
(Marco Sartori Photo)